Sant’Antonio Abate

Casualmente e in ritardo ho letto su facebook un commovente racconto del mio amico Antonio Bonetti (chef del ristorante Bistek di Trescore Cremasco). L’amico faceva la cronaca, romantica e toccante, di come il paese viveva, ai tempi dei tempi, il giorno di Sant’Antonio Abate , quando fanciullo andava sul sagrato della Chiesa per la benedizione degli animali.

Il racconto ha riportato anche me indietro nei tempi e al giorno del Santo Antonio. Da piccolo abitavo in un paesino della bassa veronese. Quasi tutti contadini, fedeli alle tradizioni: mattina sveglia di buonora e poi via verso il sagrato. La nebbia si tagliava col coltello; la mamma, che non poteva accompagnarmi, cercava qualche conoscente cui affidarmi, la preoccupazione nasceva dal fatto che un grande fossato scorreva per un bel tratto di fianco alla strada che portava alla Chiesa.

Le persone erano tante, alcune avevano in mano anche una lanterna per vederci meglio e non tirare nel fossato gli animali che portavano a far benedire. Buoi, capre, pecore, cavalli, cani, asini, in braccio alcuni avevano pure conigli e galline, si faceva la strada tutti insieme in allegra brigata. La benedizione degli animali era importate, le bestie erano sostentamento e ricchezza.

…ma veniamo al racconto di Antonio… 17 gennaio Sant’Antonio Abate

Tanti e tanti anni fa “bimbo riccioluto e biondo”….la mamma mi sveglia prestissimo: “Oggi è Sant’Antonio, ti aspettano sul sagrato”. La nebbia in quegli anni era densa, umida e misteriosa, con lunghi silenzi e poi voci improvvise. Il freddo ti prendeva prima le estremità dei piedi e delle mani, le dita intirizzite sembravano di legno, ogni tanto si cercava sollievo soffiandoci sopra, poi il gelo ti saliva lungo la schiena. I corti guanti di lana non fermavano l’inverno di quel gelido inverno.

Lungo la strada incontro zio Carlo e il cugino Antonio, per le briglie tengono un cavallo imponente che scalpita nervoso, a disagio per l’insolita situazione, dietro invece, vengono tre mucche, lente e sonnolente; c’è anche la zia Ceca con i cartocci di sale grosso da benedire, da usare poi in stalla per preservare gli animali dalle malattie.

Dalle vie laterali altri uomini, altre donne, altri animali tutti alla ricerca di una benedizione, c’è anche qualche bambino dispettoso.

Sul sagrato è ressa e confusione, gli uomini orgogliosi si chiamano l’un l’altro, le donne appartate controllano i figli tenendoli per mano e dispongono ordinatamente i cartocci di sale sopra il muretto del campanile, in attesa della benedizione.

Le campane hanno smesso di suonare rintocchi misteriosi, nella nebbia l’orologio ne batte sette, dalla sacrestia esce un piccolo corteo di bianchi chierichetti, con loro il curato e poi il parroco, sul sagrato, ora, c’è un silenzio riverente e tanta pace.

Segue la benedizione degli animali e inizia la festa in famiglia.

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