Alcuni termini tecnici del mondo del vino trasmettono un senso di prestigio, di ricercatezza ed unicità. È il caso di CRU, parola francese di antica origine. CRU, termine maschile, pertanto si dice il CRU, ha un significato universale tanto da essere comune anche in Italia, associata ai nostri vini.
È bene però ricordare che l’origine della parola è comunque transalpina e racchiude in se un significato particolare. Infatti il vocabolo è stato adottato anche da noi e sintetizza perfettamente le MGA, cioè le Menzioni Geografiche Aggiuntive. Si tratta di nomi propri, uniti a quello della denominazione che indicano uno specifico appezzamento di vigna dal quale proviene il vino in questione. Dunque un Barolo Cannubi è un Barbaresco Asili, altro non sono che un Barolo proveniente dalla collina di Cannubi in ingresso al Comune di Barolo è un Barbaresco le cui uve sono state vendemmiate nella striscia di terra, detta Asili, che costeggia una delle stradine che salgono verso Neive, nel comprensorio del Barbaresco DOCG.
Fin qui il parallelo è lineare e tutto sommato semplice da capire. quello che non deve essere perso nella traduzione, o meglio nell’utilizzo del termine CRU anche fuori dai confini francesi, è il senso più ampio che i Vigneron gli attribuiscono, ovvero il complesso equilibrio di terreno, microclima, tradizioni di lavorazione e stile dei vini, che fanno si che un CRU, sia diverso da un altro e soprattutto che abbia senso individuarli e indicarli come diversi. Quindi non una semplice delimitazione di un’area geografica, piccola quanto si vuole, bensì un insieme di fattori che rendono differenti i vini che provengono da quell’area specifica.
Un CRU è quindi un qualcosa di culturale prima ancora che biografico ed enologico, è storia, tradizione, è nobiltà e prestigio.
In ultimo, attenzione a non confondere CRU con altri termini, sempre francesi, che hanno significati simili ma non coincidenti, ad esempio: lieu-dit o clos, ne parleremo una prossima volta.