Comunicare il vino

Comunicare il vino: il difficile ma indispensabile rapporto tra informazione e comunicazione

I due mondi della comunicazione e dell’informazione nel settore vitivinicolo si stanno allontanando tra di loro sempre di più e questo va a svantaggio di tutto il sistema vino Italia.

di Fabio Piccoli

Quando ho iniziato a lavorare, oltre trent’anni fa, nel settore dell’editoria agroalimentare c’era una grande relazione tra le poche agenzie di comunicazione e i pochi giornali di settore di allora.
In trent’anni è cambiato praticamente tutto, con pochissime realtà editoriali cartacee ancora in vita e, invece, molti magazine online che sono nati nel frattempo.
Ma nello stesso frangente di tempo sono nate tantissime agenzie di comunicazione o “uffici stampa”, come qualcuno si ostina ancora a chiamarle. Ma, al di là delle definizioni, si tratta di entità che hanno il compito di “comunicare” le aziende a media e opinion leader di settore e non.
Un’attività preziosa, quest’ultima, vista la sempre maggiore importanza della comunicazione nel mondo del vino.

Il problema è che in questi ultimi trent’anni si è assistito ad un preoccupante scollamento tra chi “comunica” e chi “informa”.
Ad un certo punto, infatti, si è ritenuto prioritario comunicare tantissimo a tutti i costi senza preoccuparsi di a chi questa comunicazione fosse rivolta e come questi contenuti comunicativi venissero trattati.

Il risultato è che oggi ogni media di settore riceve decine e decine di comunicati stampa al giorno e, facendo l’esempio della nostra testata Wine Meridian, solo negli ultimi tre mesi abbiamo ricevuto oltre 100 inviti tra eventi in cantina, press tour in territori del vino, visite aziendali, eccetera, eccetera.
Una miriade di iniziative comunicative senza che vi sia mai stato un passaggio, una relazione tra i “comunicatori” e gli “informatori”. E questo a mio parere è molto grave perché senza questa relazione si rompe un rapporto fondamentale tra il valore del contenuto comunicativo e il target al quale ci si vuole rivolgere. Di fatto si nega il rapporto chiave tra imprese (ma anche Consorzi, associazioni di settore, ecc.) e media.

Una volta c’era un’attività che è andata scomparendo e si chiamava media planning. Si trattava di pianificare investimenti pubblicitari in varie forme (da pagine tabellari di pubblicità a banner, pubbliredazionali, ma anche supporto a speciali editoriali) al fine di garantire due aspetti fondamentali: da un lato supportare la veicolazione dell’immagine di un’azienda o di un ente in una testata che si considerava autorevole, dall’altro di supportare e finanziare i media considerati più utili sul fronte del valore dei contenuti, della diffusione e dell’importanza del target a cui si rivolgevano.

Scrivo al passato perché oggi l’attività di media planning è praticamente scomparsa e di fatto non è stata sostituita da niente di simile. O meglio, si potrebbe affermare che è stata sostituita da un lavoro massacrante, e spesso mortificante, di quei tantissimi account delle agenzie che sono costretti a “mendicare” visibilità sui media delle loro aziende o la partecipazione di qualche giornalista ai loro tantissimi eventi.

Insomma, si è pensato che la “relazione” avrebbe sostituito l”’investimento”. E questo purtroppo senza quasi mai prendere in considerazione il valore del contenuto comunicativo.
Per essere molto chiari, è ovvio che esistono contenuti comunicativi talmente forti che non necessitano di nessun “investimento”, ci mancherebbe.
Ma quanti sono onestamente? Pochissimi.

Esistono però molti contenuti comunicativi che, attraverso una relazione più stretta e proattiva di chi comunica e di chi informa, potrebbero diventare preziosi e utili anche per i lettori e fruitori di un magazine cartaceo od online (poco cambia).
Spesso, infatti, mi capita di leggere comunicati stampa che potrebbero avere qualche interesse se sviluppati in una certa modalità per fare emergere contenuti non solo di tipo “aziendale” ma anche di interesse trasversale. Ma questo sarebbe possibile solo attraverso un dialogo, un confronto tra agenzia e media.
Se invece l’unico contatto è il laconico “con preghiera di pubblicazione” non rimane altro che affidarsi alla speranza che qualche “contenitore”, a prescindere dal suo valore, sia disponibile ad accogliere quel comunicato facendo quel triste ma frequentissimo “taglia e incolla”.

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