Pavia e il riso

Non ha rivali in Italia e in Europa – così la provincia pavese si appresta a diventare il centro del mondo.

La provincia pavese è l’ombelico italiano ed europeo della produzione di riso, caratteristica e motivo di orgoglio. Qui, d’altronde, sono attive oltre duemila aziende per una coltivazione che si estende su una superficie di oltre 80mila ettari. Addirittura, le prime informazioni relative alla sua produzione risalgono alla fine del XV secolo; merito dell’autentica passione che investì Ludovico il Moro quando assaggiò il prezioso “oro bianco” importato dall’Oriente dal cugino, il Marchese di Mantova. La prima semina di riso di cui si abbia traccia è datata 1482, per iniziativa di Gian Galeazzo Visconti: è Villanova di Cassolnovo la frazione che “vanta” questa sorta di record.

Le sue straordinarie proprietà nutritive, i costi contenuti, l’alta digeribilità e il senso di sazietà che lo contraddistinguono hanno fatto storicamente del riso il piatto principale delle tavole pavesi. Nei minestroni, ovviamente, come insegna la tradizione rurale contadina di queste terre, insieme con le verdure “avanzate” dell’orto ma anche e soprattutto sotto forma di risotto, una preparazione che ci invidiano in tutto il mondo e in Italia, è favorita dalla grande varietà di tipi di chicco e di abbinamenti possibili.

Come si legge nei diari di cucina tramandati di generazione in generazione dalle mondine pavesi, il riso va tostato in un soffritto di lardo, cipolla tritata e pasta di salame, bagnando di tanto in tanto con un saporito brodo di gallina. Su questa base ci si può sbizzarrire, dallo zafferano per il mitico risotto giallo alla versione con i “fagiolini dell’occhio” passando per quello con le “barlande” (erbette dei prati). E ancora, con le tinche, le quaglie, gli asparagi e la trippa. Ma la ricetta principe è senz’altro quella con le rane per un primo piatto da premio Oscar del sapore.

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